mercoledì 23 gennaio 2008

A ciascuno il suo cinema

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Dalla caccia al Terrone alla caccia al Rumeno

Riporto un interessante articolo tratto dal sito (che ho scoperto stamattina) dei Comunisti Anarchici, www.fdca.it

Qualche decennio fa bastava essere "terrone" per essere considerato mafioso, violento ed inferiore alla pura razza del Nord Italia; se rintracciati "fuoriluogo", per esempio in cerca di lavoro al Nord e in difficoltà di trovare lavoro e alloggio, si veniva rispediti al paese natale con foglio di via.
Oggi molti dei figli, dei nipoti di quei terroni che ce l'hanno fatta a trovare lavoro al Nord hanno dimenticato grazie al meccanismo di oblio imposto dai poteri tutto questo e sono pronti a rifarsela con gli ultimi arrivati, soprattutto se provenienti dai paesi dell'Est, anche se molti/e di questi paesi fanno parte della stessa Comunità europea. Più crescono le difficoltà di arrivare a fine mese, più c'è il rischio che la gente cominci a ragionare sulle fortissime disuguaglianze economiche e sociali, più aumenta il bisogno di un capro espiatorio.
Ogni volta che c'è una crisi economica strisciante e che larghi strati della popolazione soffrono disagi economici e sociali spunta fuori un nuovo gruppo di terroni causa di tutti i guai. Fini & Co. soffiano naturalmente sul fuoco di questa situazione, d'altra parte restano fascisti e quindi il razzismo che è alla base della loro ideologia spunta fuori anche dalle camicie bianche e dai doppiopetti con i quali si presentano.
Ben più grave, ma perfettamente inserito nell'attuale quadro politico di inseguimento a destra del più becero senso comune, che per un pacchetto di voti da strappare a destra, ancora più a destra, se una donna viene assalita da un rumeno, è in fin di vita, immediatamente si proceda con un decreto che riguarda la possibile espulsione di tutti i rumeni, si abbattano le baracche in cui vivevano gruppi di individui al limite della sopravvivenza, si legittimino ronde e pestaggi. Così, con misure tanto demagogiche quanto inefficaci, si fa finta di aver risolto tutti i problemi, dall'aggressività di gruppi di emarginati che danno noia ai semafori alla povertà troppo visibile, in parallelo con quello che tanti bravi sindaci stanno facendo in giro per l'Italia: spazzare l'immondizia sotto il tappeto. E pazienza se si è barato sulle cifre per costruire l'emergenza.
E questo fa ancora più rabbia pensando alle tante donne barbaramente uccise, anche solo in questi ultimi mesi, da uomini, mariti o fidanzati, per cui si parla di un generico raptus di follia, e che non sembrano meritare altrettanto dolore, altrettanta rabbia, altrettanta determinazione a far si che non succeda più. Vittime di serie B perché uccise all'interno della famiglia, da cui magari cercavano di scappare, e non da un balordo che può essere utilizzato come comodo capro espiatorio, per nascondere il sempre maggiore impoverimento, l'inesistenza di politiche sociali di accoglienza e di sostegno, di politiche per la casa, lo smantellamento dei servizi pubblici e sociali, l'abdicare della politica a governare la società con qualcosa di diverso che la sola forza bruta, il cedere di tanta società civile alle semplicistiche equazioni straniero=criminale. E dei fascisti che hanno aggredito i rumeni nella stessa zona che facciamo: li espelliamo dall'Italia e dalla comunità europea e li facciamo diventare apolidi o li consideriamo salvatori dell'italica patria?
Il guaio è che il trucco del "dagli all'untore" è destinato ai lavoratori/lavoratrici che avrebbero ben altri interessi. Quanti problemi reali sono nascosti dietro il problema della sicurezza, per volontà dei governi di asfaltare la società in un unico gregge silenzioso e penitente? Aumento del costo della vita, contratti non rispettati, precarizzazione sempre più avanzata, servizi sempre più privatizzati e costosi e sempre meno efficienti, crescente indebitamento per tutti, con conseguente aumento della ricattabilità e del controllo sociale. E della paura. Del domani. Dello scippatore. Del diverso.
Allora diciamo chiaramente che città più sicure sono città meno povere, in cui si trovano i soldi per dare una casa a chi non ce l'ha, dove investire in cultura significa mediazione culturale e inserimento scolastico prima che notti bianche e passerelle di star, dove nessuno è clandestino e quindi tutti possono lavorare in regola e non essere così ricattabili, dove la sopraffazione non è una catena senza fine che alla fine uccide i più deboli, di solito le donne.
Non quelle in cui si scacciano i bambini da un ricovero di cartone per paura dello straniero.
Ma per avere città come quelle che vogliamo, e non come quelle che stanno costruendo per noi, bisogna riprendere con più vigore la lotta di classe, fare in modo che le disuguaglianze diminuiscano, che la solidarietà fra donne e uomini di qualsiasi nazionalità riprenda con forza, riportando all'attenzione di tutti i limiti di questa società nella quale cresce sempre più la ricchezza di pochi e lo sfruttamento di molti e dove la violenza contro le donne ne fa da padrone.